Un giallo raffinato avente per protagonista un investigatore intrigante. Un hard boiled man calato nell’atmosfera cupa e turbolenta di una città elvetica di confine
Basilea, crocevia, tra Francia e Germania, di traffici internazionali, legali e illegali. In un vecchio appartamento viene ritrovato il cadavere di una donna turca. Si tratta di una morte violenta. L’assassino le ha sfigurato il volto. Il marito viene arrestato. Il caso pare chiuso. Ma non per il commissario Hunkeler, profondamente convinto dell’innocenza dell’uomo. E’ ossessionato dal volto deturpato della giovane donna. E anche dallo strano amuleto raffigurante una coppia in barca che lei portava al collo. Seppur privo di una formale autorizzazione, comincia a interrogare vicini di casa e conoscenti della vittima, spesso frequentando anche gli ambienti più degradati. L’ostinazione del poliziotto alla fine vincerà contro il crimine e anche nei confronti di avversari più infidi quali colleghi e superiori. E sconfiggerà in qualche modo i forse ancor più ostici demoni del suo passato, ritroverà sé stesso, nuovi scopi e stimoli nel lavoro e anche nella vita.
Il detective sin dalle prime pagine appassiona il lettore e lo strascina nella sua indagine, che non consiste soltanto nella ricerca di una verità giudiziaria. Soprattutto contano i moventi: non solo quelli dell’assassino, ma anche quelli dell’inquirente, che, pur muovendosi nel più fedele asservimento alla legge, allo stesso tempo la sfida apertamente. Agisce in un’inchiesta non autorizzata, esponendosi in prima persona, anche a rischio della propria credibilità e dello stesso posto di lavoro. In ufficio si scontra soprattutto con chi è più interessato alla carriera o al rispetto delle procedure che al perseguimento della giustizia. La sua è una battaglia contro la più cieca e intransigente burocrazia, contro un ciclopico sistema che alla fine inesorabilmente stritola chiunque: chi lo combatte ma in definitiva anche chi lo ossequia.
Il nostro investigatore pare indubbiamente accostabile ai celebre detective privati nati dalla penna di autori quali Chandler o Hammet, coi quali sembra avere diverse caratteristiche in comune: la tenacia, l’aperta sfida al malaffare, alla corruzione, all’ottusità e arroganza dell’autorità costituita, l’agire spesso sul filo della legge, la frequentazione dei bassifondi e di locali malfamati per ragioni spesso non solo lavorative.
Ma non sembra azzardato neppure accostare Schneider a Dürrenmatt. Non solo e non tanto perché i due scrittori provengono dallo stesso Paese, ma soprattutto in quanto paiono condividere quella che ha tutta l’aria di un’intima sfiducia nei confronti di una giustizia ontologicamente cieca, incapace, disonesta.
Il nostro eroe, in modo non dissimile dagli esempi citati, segue una sorta di metodo di indagine alternativa, che privilegia un approccio psicologico, una certa empatia, piuttosto che il tradizionale metodo basato sulle risultanze della scienza. Come sottolinea lo stesso narratore, a interessargli non sono “le impronte digitali e le tracce di polvere da sparo, ma le persone”.
Il romanzo coinvolge per le atmosfere ambientali ed esistenziali, per un’odissea investigativa che riconduce il protagonista, dopo aver viaggiato per mari perigliosi di ossessioni e dubbi esistenziali, a un sé stesso in sostanza rinato, capace di sorprenderci nell’epilogo con la soluzione del rebus poliziesco e inscindibilmente umano.