Un prisma fatto di sette storie e misteri che rifrange la luce della verità e del dolore
Primo quadro. Strage diluita nel tempo di assessori.
Secondo quadro. La strana morte di un astrofisico.
Terzo quadro. Omicidio sibillino di un idraulico extracomunitario.
Quarto quadro. L’insolito delitto di un archeologo mediorientale.
Quinto quadro. Violenza omicida contro prostitute.
Sesto quadro. Brutali stupri e assassinii.
Settimo quadro. L’inesplicabile uccisione di un tranquillo pensionato.
Teatro di questi delitti è la Milano dei nostri giorni, dove ogni volta le indagini sono ufficiosamente affidate al commissario Augusto Ripamonti. Trattasi di poliziotto settantenne in pensione, titolare di un contratto di consulenza con la polizia attivato ogni volta dal magistrato, vista la complessità del caso che si ritiene opportuno affidare a un uomo di buon senso e solida esperienza.
La scelta si dimostrerà ogni volta vincente, perché ciascun caso per quanto ingarbugliato avrà la sua completa soluzione, anche se poi si verificherà sempre uno strano destino riguardo al rapporto fra detective e assassino, in merito al quale si reputa però opportuno non dire di più (per non rovinare anche solo in parte la sorpresa dei finali).
Le sette storie (denominate “casi”) non corrispondono ad altrettanti racconti ma a qualcosa di più analogo ai capitoli di un romanzo, una vita, di questo investigatore evergreen, vedovo e senza figli, che forse ha trovato la sua vera famiglia nel lavoro: i colleghi, ma in qualche modo anche i testimoni, gli indagati, gli stessi colpevoli, tutte le esistenze che incrociano per caso o per necessità le sue indagini.
Trattasi di una silloge di narrazioni che potrebbero anche far pensare a qualcosa del genere dei vasi comunicanti, interdipendenti, intimamente collegate, con vicende umane che spesso non terminano alla fine di un singolo caso (seppure ogni volta brillantemente risolto) ma possono proseguire anche oltre nel racconto/capitolo successivo.
Il nostro pensionato inquirente si trova alle prese con assassini, ladri, spacciatori, prostitute, magnaccia e loro bestiali sodali, squadracce di vigilantes di matrice xenofoba, giustizieri della notte. Lui stesso sembrerebbe per molti versi da inquadrarsi in quest’ultima categoria nei momenti non infrequenti in cui dimostra la sua predilezione ad aggirare la legge per inseguire (e raggiungere) la realizzazione della giustizia.
Siamo in presenza di un avvincente thriller, con incursioni nella spy story, avvolto e sorretto da seducenti atmosfere: una trattoria d’altri tempi dove il nostro eroe stimola anche con il cibo le sue capacità deduttive, passeggiate serali con l’amico medico legale durante le quali vengono sviscerati i risvolti più enigmatici e inquietanti del caso e sembra ricrearsi in qualche modo una sorta di novello duo investigativo Holmes/Watson o Poirot/Hastings.
Va in scena in queste pagine un’umanità dolente e meschina, ma depositaria anche di buoni sentimenti e una sua positiva intraprendenza. Il lettore è coinvolto da queste storie dense di sentimento e di suspense, dalle intricate vicende poliziesche che ogni volta trovano una soluzione sorprendente e coerente con gli indizi che sono affiorati nel corso della narrazione, da questa “città di frontiera” sordida ma anche capace di riscattarsi e di trasmettere in definitiva un messaggio di speranza.