Indovinelli, eredità e delitti: tre elementi che si amalgamano alla perfezione, si rafforzano a vicenda e creano un’appassionante sciarada
Alberto Gherardi, un anziano e facoltoso appassionato d’arte, viene ritrovato morto nel suo appartamento da Alina, la badante. Suicidio od omicidio? Il proverbiale dilemma si ripropone con tutta la sua consueta carica di mistero. Unica certezza la causa del decesso: costui ha bevuto una tisana avvelenata.
L’uomo poco tempo prima ha spedito a Simon (figlio di un cugino) che vive in Irlanda una strana lettera nominandolo erede a condizione che costui risolva un curioso indovinello contenuto in un disegno comprensivo anche di un piccolo aiuto, una frase dall’apparenza forse ancora più sibillina: “Punta alla luce e parti dalla fine”.
Le indagini dell’ispettore Mark Terzi, incaricato di investigare sulla morte sospetta, si dirigono sin da subito nell’ambito della folta schiera di parenti, i cui rapporti col defunto potevano dirsi tutt’altro che idillici. Costoro hanno sempre dato l’impressione di essere interessati soltanto all’eredità. E adesso, nell’attesa dell’apertura del testamento, la lotta per ottenerla sembra sempre più accesa.
Il mistero s’infittisce con l’omicidio del notaio che ha stilato l’atto. E si rafforzano i sospetti sugli eredi, oltre che su altre persone comunque legate a vario titolo al defunto.
La polizia lavora alacremente, controllando gli alibi dei diversi sospettati e provvedendo a tutti gli altri riscontri necessari. Ma gli enigmi anziché trovare una soluzione sembrano addirittura crescere in maniera esponenziale. Nonostante l’inquirente venga affiancato, fra gli altri, anche dalla figlia poliziotta che mostra di aver ereditato l’intuito del padre, nonché lo stesso genero naturalmente facente parte di questa sorta di squadra investigativa di famiglia.
Ben presto è della partita anche Simon, che non esita ad abbandonare l’Irlanda e il pub in cui lavora. E si aggiungono pure un paio di avvenenti signore che si trovano in un modo o nell’altro coinvolte in questa indagine anche in virtù di precedenti rapporti di tipo extralavorativo con il nostro detective e pure con il potenziale erede, tanto che a un certo punto si assiste a una sorta di “doppio” con coppie miste e alternate.
Quanto la soluzione sembra sempre più in alto mare, sarà lo strano indovinello di cui in apertura a ricondurre poco alla volta sui giusti binari che porteranno al raggiungimento dell’agognato traguardo.
Siamo in presenza di un giallo avvincente che conduce al cospetto, fra l’altro, di casseforti, enigmatici dipinti, attraverso ville antiche, tombe etrusche, panorami esteriori e interiori diversi ma tutti orbitanti intorno al rebus iniziale, allo strano gioco architettato dal defunto.
Il lettore può gustarsi una narrazione dal ritmo teso, piena di suspense e continui colpi di scena, che sfocia in un epilogo sorprendente e dalle molte sfaccettature. La giustizia trionfa, nonostante nel corso dell’iter investigativo l’ispettore abbia commesso almeno uno sbaglio. O forse proprio anche grazie a questo, perché, come egli stesso sottolinea, “gli errori, a volte, producono effetti insperati”. L’arguto e tenace detective, analogamente alla “luce di Caravaggio, che squarciando le ombre metteva a nudo la realtà”, alla fine rischiara le tenebre e fa emergere il vivificante bagliore della verità.