Il banchiere assassinato (di Augusto De Angelis)

Nebbia gialla sulla Madunina. L’esordio di un celebre commissario nella narrativa poliziesca italiana

L’atmosfera tragica dell’opera lirica si sprigiona anche questa sera nel suo tempio. Fuori si è consumato un cruento dramma di natura delittuosa. Verrà dato conto del turbinio di arguzie e passioni umane che lo ha originato. E gli astanti nuovamente si commuoveranno. Ma stavolta senza catarsi liberatoria. Perché le autentiche tragedie umane possono essere risarcite con il diverso compenso – più o meno appagante – dato dal trionfo della giustizia.

Se i melomani potrebbero forse leggere la storia in questa chiave, per gli appassionati del giallo (e non solo), questa è in estrema sintesi la trama di un romanzo che appartiene alla migliore produzione letteraria poliziesca dell’Italia del Ventennio.

In una fredda e nebbiosa notte milanese il commissario Carlo De Vincenzi riceve la visita di un suo antico compagno di studi, Giannetto Aurigi, appena uscito dal teatro alla Scala, dove è andata in scena l’Aida. L’amico è preda di un’inquietudine di origine non ben identificata. Di lì a poco, viene ritrovato il cadavere di Mario Garlini. Il banchiere è stato ucciso da un colpo di pistola. Due particolari di rilievo: a costui Aurigi doveva una grossa somma di denaro e il morto è stato rinvenuto proprio nell’appartamento di quest’ultimo.

Possiamo dire di trovarci di fronte a un dramma poliziesco (con alcune sfumature di commedia dalle tinte grottesche), che potremmo definire di impianto teatrale, caratterizzato da un’abbondanza di dialoghi e dalla presenza di battute incalzanti. Vi sono pochissimi cambi di scena: l’ambientazione è costituita in massima parte dall’appartamento che costituisce la scena del crimine. Il tempo della narrazione è assai concentrato: la vicenda si svolge praticamente nello spazio di ventiquattro ore. “Il tempo incalzava. Quella non era un’inchiesta delle solite, da condursi con placidità burocratica. Ogni minuto aveva peso e valore” sottolinea a un certo punto l’autore esternando i pensieri del suo commissario. In questo lasso temporale ristretto si susseguono diversi avvenimenti significativi. Il ruolo di principale sospettato passa da un personaggio all’altro. Viene rinvenuta una possibile arma del delitto e poi un’altra. Spuntano molteplici indizi, suscettibili di letture differenti e persino opposte.

Il fattore tempo – a cui abbiamo sopra accennato – ha un rilievo anche per quanto riguarda più strettamente la soluzione dell’intricato enigma, come ben presto intuisce il titolare delle indagini riflettendo su uno strano dettaglio (in merito al quale per evidenti ragioni non si ritiene opportuno approfondire).

Una storia in cui sono dunque rintracciabili tutti gli elementi tipici del giallo deduttivo, dall’intreccio raffinato e dall’epilogo ineccepibile, come si conviene ai migliori romanzi del genere.

Altrettanto degna di menzione è la circostanza che il libro segni il battesimo di un commissario che ha rivestito un ruolo importante all’interno della narrativa poliziesca italiana: un detective nuovo, originale, profondamente umano, romantico, acuto psicologo, poeta. Costui, prima forse ancora che del delitto, è – come dichiara quasi in apertura – appassionato del “mistero dell’anima umana” e instaura da subito con il lettore un rapporto confidenziale destinato a mantenersi e rinnovarsi per diverse altre indagini ancora.