Le sette morti di Evelyn Hardcastle (di Stuart Turton)

Intrigante giallo filosofico. Avvincente thriller esistenziale. Perfetto connubio tra poliziesco e fantasy. Un romanzo originale, sbalorditivo, che ad ogni pagina sprigiona suspense ed emozioni

A Blackheath House tutto è pronto per il ballo in maschera indetto da Lord Peter e Lady Helena Hardcastle a cui sono invitati alcuni membri dell’alta società. Diciannove anni prima gli stessi ospiti erano presenti al ricevimento conclusosi con un tragico evento – la morte del giovane Thomas Hardcalstle – in seguito al quale è iniziato l’irreversibile declino della famiglia e della dimora. Alle undici di sera un oscuro e infausto destino si raffaccia a Blackheath House: Evelyn, la giovane e bella figlia di Lord Peter e Lady Helena, scivola nell’acqua del laghetto che orna il giardino antistante la casa, morta per un colpo di pistola al ventre. La festa si trasforma in una subdola trappola, un gioco letale. Per uno dei convenuti, Aiden Bishop, il tragico decesso si ripete quotidianamente e continuerà a farlo finché non scoprirà l’assassino. La soluzione dell’enigma è l’unico modo che ha per poter lasciare Blackheath House. Ogni giorno si risveglia nel corpo di un ospite differente e per vincere la sfida è costretto a combattere con le diverse personalità dei soggetti in cui via via si incarna, cercando di affermare il proprio io. E a un certo punto sospetta che in gioco ci sia qualcosa di più: la possibilità di recuperare il ricordo di sé, del proprio passato, della sua vita e affetti più cari.

L’autore immerge sin dall’inizio il lettore nella tipica atmosfera del giallo classico di matrice anglosassone. Si rivengono molti dei topos più ricorrenti e suggestivi. Si riscontra la tipica ambientazione fisica e psicologica, con tanto di location e tipologie umane appartenenti all’upper class inglese della prima metà dello scorso secolo. Si verificano misteriosi delitti, il cui antefatto è costituito da un passato oscuro che è necessario riportare alla luce. Abbiamo un detective che con arguzia e tenacia risolve l’inestricabile enigma. L’intreccio è un itinerario denso di suspense, disseminato di sorprendenti colpi di scena e culminante in un epilogo clamoroso.

Ma in queste pagine c’è molto di più. Si sviluppa una seconda e forse ancor più coinvolgente trama. Il nostro detective per condurre la sua indagine adotta una strategia che non può non far pensare all’arte della recitazione. Quando si incarna nei vari ospiti della festa ha tutta l’aria di un attore che si cala nei panni di un personaggio, che crede nel suo ruolo, gioca con esso, vive con la massima intensità pur sapendo che quella vita e quei sentimenti non gli appartengono.

L’equilibrata coesistenza di immedesimazione e distacco ci offre la preziosa opportunità di vedere una vita da diversi punti di vista, di considerare una volta di più l’esistenza come un indistricabile e affascinante mix di libero arbitrio e determinismo, di godersi un’appassionante metafora dell’autopercezione umana, di veder passare gli stati d’animo del protagonista attraverso una lente che ne amplifica le proporzioni e ne evidenzia ogni dettaglio. E alla fine possiamo dire di aver anche noi interpretato una parte, di aver vissuto una nuova vita e averne tratto autentiche emozioni.