Intrigo a Tokyo (di Hotate Shinkawa)

Un “concorso per assassino” nei quartieri alti del Sol Levante. I risvolti grotteschi del capitalismo esasperato. Un libro capace di amalgamare perfettamente giallo, thriller, noir e letteratura dell’assurdo

L’antefatto è un concorso per ricoprire il ruolo di assassino.

Avete capito bene. L’omicida deve essere individuato tramite una procedura selettiva. E’ stato deciso in un testamento. Si tratta però di una figura ipotetica. Non si è certi che si tratti proprio di omicidio.

Ma cominciamo dall’inizio.

Reiko, giovane avvocata di Tokyo, determinata, testarda, infaticabile e anche un po’ cinica, scopre per caso che il suo ex fidanzato, erede di una famiglia ricca e influente, è morto, apparentemente per una brutta influenza, dopo aver fatto redigere un singolare testamento in cui è stato previsto che erediterà tutto quanto la persona che lo avrà ucciso.

La donna si trova così direttamente coinvolta in un’intricata e assurda faccenda. Un ex compagno di studi si propone infatti come vincitore del concorso, sostenendo di essere stato proprio lui a togliere la vita al rampollo, e lei, da autentica professionista, non esita a perorare la sua causa innanzi a una sorta di comitato ristretto composto dai massimi vertici dell’azienda. Il suo compito, già di per sé non facile, appare oltremodo arduo nel momento in cui la famiglia impugna l’atto di ultima volontà del defunto ritenendolo nullo per contrarietà alla legge.

Dopo quel primo possibile delitto, si verificano altri crimini, questi indubbiamente reali, che sembrano strettamente connessi con lo strano decesso e il sibillino testamento. La situazione si fa quindi ancora più ingarbugliata. Ma la caparbietà e l’acume della nostra giovane avvocata riusciranno a sbrogliare tutti i fili della matassa, rendendo giustizia a ciascuno, defunto compreso.

La storia cattura il lettore sin dalle prime pagine grazie a una trama estremamente originale. Ma si ravvisa altresì una perfetta tenuta nel corso di tutta la narrazione, piena di suspense, colpi di scena, fino all’epilogo, emozionante, inaspettato, tale da non deludere minimamente le aspettative a cui hanno dato luogo le suggestive premesse.

Il lettore è affascinato da questa sorta di ribaltamento di prospettiva, rispetto allo schema tipico del giallo e anche a quanto accade nella vita in generale. Non è l’innocenza ma bensì la colpa a premiare, a costituire quasi un titolo di merito, in questo libro intriso di grottesco, surreale, nonché di echi kafkiani (anch’essi in una dimensione – potremmo dire – in qualche modo ribaltata).

Il romanzo è anche uno spaccato, ironico e disincantato, dell’alta società nipponica, una pungente satira del capitalismo, o perlomeno dei suoi esiti più esasperati. Valori come il denaro e successo, coi loro derivati dati dall’arroganza e dal cinismo, diventano nuove divinità, sui cui altari immolare valori e tradizioni. Legge e giustizia sembrano incapaci di ostacolare questa sistema iniquo e paradossale e forse sono addirittura ad esso asservite.

La profondità dei contenuti e l’importanza dei temi trattati non vanno disgiunti da un andamento leggero e brioso, momenti esilaranti e un registro tipico della commedia, consentendo al lettore – come sa fare in genere la migliore letteratura – di sorridere senza per questo privarlo della preziosa opportunità di riflettere.