Un emozionante thriller che esplora le ferite insanabili originate da una guerra cruenta. Una trama avvincente che si sviluppa fra il presente e un funesto passato recente. Un viaggio, fisico e spirituale, di investigazione, autoanalisi e rinascita
Lotte Bonnet è una donna felicemente sposata, madre di due figli e con una carriera ben avviata come pasticcera. Suo marito, Emil Jukic, dopo essere guarito da una grave malattia, per celebrare la sua rinascita, ha deciso di intraprendere da solo il Cammino di Santiago. Ma all’improvviso è giunta la tremenda notizia: mentre si trovava in una regione isolata del Massiccio Centrale, in Francia, l’uomo si è suicidato, trafiggendosi a quanto pare la giugulare con un coltello. Lotte, quando si reca in Bosnia Erzegovina, nel paese natale di Emil, scopre una seconda atroce verità: il marito e padre affettuoso, l’uomo forte che l’ha sostenuta in tante prove della sua esistenza, non è mai stato chi le ha detto di essere. Il vero Emil Jukic è morto nel 1995, trucidato in un’azione della milizia serbo-bosniaca. Chi era dunque in realtà costui: una vittima di quella sanguinaria guerra, un disertore, un fuggiasco affetto da un disturbo di stress post-traumatico o magari egli stesso un carnefice? Perché ha nascosto la sua identità e mentito pure a sua moglie e ai suoi figli? Determinata a scoprire la verità, Lotte intraprende a sua volta il Cammino. I suoi passi ricalcano gli stessi del marito, negli stessi esatti momenti della giornata in cui li ha fatta fatti lui. Percorre gli stessi sentieri pieni di asperità e insidie, dorme negli stessi letti, consuma i pasti nelle medesime locande, mangia le stesse pietanze. Non sa che c’è qualcuno che non la perde di vista un istante … e che vuole mettere ad ogni costo a tacere il passato … se necessario, anche mettendo a tacere lei.
Il libro cattura l’attenzione e tiene col fiato sospeso dall’inizio alla fine. Ci sentiamo intimamente coinvolti dalla prima sconvolgente scoperta fino all’ultima eclatante rivelazione. Difficile non empatizzare con questa donna, che sprofonda in un profondo abisso di dolore e dubbi cruciali, ma con inesauribile caparbietà riesce a risollevarsi, a uscire dalle tenebre di un tunnel lungo e sterminato (come i luoghi impervi e gli eventi climatici che quotidianamente si trova ad attraversare e ad affrontare), per vedere alla fine la luce della verità e ricomporre la sua esistenza.
Lotte, nel voler ripercorrere le tappe del marito, nel desiderare di sentirsi emotivamente vicina a lui durante il percorso, può ricordarci una profiler, che, per scoprire l’identità dell’assassino, deve prima trovare la chiave di accesso alla sua mente, imparare a ragionare come ragiona lui, compiere magari un viaggio in un passato oscuro attraverso un percorso che la obbliga a guardare in faccia i demoni della propria coscienza.
Questo romanzo ci coinvolge, stravolge, sorprende, e ci fa anche conoscere qualcosa in più a proposito di una guerra vicina e allo stesso tempo lontana, dimenticata, o di cui – come accade per tanti conflitti bellici – magari non è mai è stato detto abbastanza, non si è forse mai parlato in maniera adeguatamente esauriente e imparziale.