Un noir psicologico d’alta scuola. Un avvincente legal thriller ante litteram. L’appassionante lotta di un uomo contro una giustizia cieca e implacabile
Tutto comincia in un’amena cittadina della Provenza affacciata sul mare. L’incipit è una banale partita a bocce. Protagonista della sfida è Petit Louis: un giocatore che sembra aver sconfitto la sorte, che col suo fare garbato e imperturbabile pare aver conquistato il rispetto, la considerazione e forse anche l’invidia di tutti quanti, attirando presto nella sua rete una matura e facoltosa signora. La partita avviene in contemporanea a un rapina all’ufficio postale. Fra i due eventi pare esserci un legame tutt’altro che casuale. E’ quanto sospetta la polizia. Ma non ci sono prove contro Petit Louise, il quale può così tranquillamente passare a un nuovo capitolo della sua di vita che lo vede a Nizza sempre più calato nel suo ruolo di disinvolto gigolò. La storia procede placida e senza troppi sussulti, con l’intermezzo anche di un peculiare menage a trois, finché un atroce delitto non sconvolge ogni cosa. Il destino mette l’uomo di fronte a una nuova sfida: deve lottare per dimostrare la propria innocenza. E gli fa scoprire un nuovo sé, una seconda vita da vivere come ricompensa o dannazione. Il giocatore capisce che è il momento di giocarsi tutte le sue carte senza però poter più bleffare.
La psicologia del protagonista è (come sempre nei romanzi del grande scrittore) finemente cesellata e lo stesso dicasi per quella degli altri personaggi. Se dapprima Petit Louis indispettisce e ammalia il lettore per l’aura di seducente canaglia, di uomo che con astuzia o ingenuità calpesta chiunque lo possa ostacolare, in seguito sembra sempre più meritare compassione.
Si coglie in queste pagine l’anticipazione del moderno legal thriller, nella minuziosa descrizione delle indagini, dell’approccio degli inquirenti, dell’ambiente giudiziario.
Si respira altresì da subito un’atmosfera di sospensione in attesa di un evento cruciale, che una volta verificatosi, catapulta il protagonista in un modo allucinante, assurdo, di conformazione kafkiana, dove costui viene sempre più stritolato da un meccanismo spietato e inesorabile. L’apparato giudiziario, lungi dal dimostrarsi umano, imparziale, equo, si palesa spietato, parziale, inquisitorio. Si rivela (nella calzante definizione dell’autore) “una macchina mostruosa”, di cui sfugge la logica di fondo, forse in definitiva anche agli stessi investigatori e magistrati che portano avanti un teorema accusatorio a loro uso e consumo, agli avvocati interessati soprattutto alla propria immagine. L’imputato ha tante colpe ma non quella principale che gli si contesta e sembra cercare di capire più che di confutare un’accusa tanto infondata e artificiosa.
Simenon confeziona al solito un raffinato noir psicologico, dove alla suspense contribuiscono anche i frequenti salti temporali che proiettano il protagonista in un futuro sempre più prossimo e ineluttabile.
Allestisce una magnifica scacchiera dove le pedine sono le persone e i loro sentimenti, un’umanità perduta e dolente condannata ad assecondare sempre i più insopprimibili e nefasti istinti.
Sottolinea con accuratezza e lucidità le conseguenze del clamore mediatico suscitato da troppe vicende giudiziarie, che, ieri come oggi, sono spesso all’origine di processi che finiscono per tramutarsi in farsa a scapito della verità e della giustizia.