Quando l’idillio si trasforma in una favola nera, con la tela di fondo colorata di giallo e la cornice decorata coi motivi del thriller
Una coppia di fidanzati in viaggio per le amene campagne del New England. Stanno andando a sposarsi. Lungo strada danno un passaggio a uno strano tipo. Più tardi si fermano per fare un pic nic vicino a un laghetto. Ma la vita troppo spesso non va come ci si aspetta. Il male sa ben mimetizzarsi anche negli scenari più paradisiaci. E così la romantica commedia si trasforma in una tragedia criminale, disseminata di morti ammazzati e indizi tenui e ambivalenti. Qualcuno vede passare l’auto con alla guida l’autostoppista dalle sembianze di un malefico folletto e accasciato sul sedile accanto il futuro sposo. Ma non si riesce a rintracciarlo. Non è neppure chiaro da dove sia passato di preciso. Aleggia lo spettro di un assassino grottesco ed evanescente come un fantasma. L’enigma s’infittisce sempre più. E’ sparita pure la mano destra di un cadavere. La fiaba si trasforma in horror. Finché un medico non risolve il mistero e, su questo acquerello fiabesco trasformatosi in un affresco burrascoso, torna di nuovo a splendere il sole.
Sin dall’inizio il lettore viene catapultato in uno scenario da incubo, fatto di campagne quasi disabitate, avvolto dal buio di una calda notte estiva, in una caccia serrata ad un fantomatico assassino, di cui il protagonista dice: “Mi pare di sentire la sua silente risata sardonica, siccome non posso vederlo. Ed è come se ci fosse il delitto nei suoi occhi che scrutano.”
Il nostro medico chirurgo è un detective del tutto particolare. E’ lui stesso praticamente ad ammetterlo, quando afferma che non è un poliziotto professionista né un investigatore dilettante, il delitto non lo affascina, il suo istinto è quello di salvare vite, non di braccare gli uomini. Allo stesso tempo, in un’implicita dichiarazione d’intenti, ci fa sapere che la sua professione lo ha addestrato nell’applicazione del metodo scientifico, considera i fatti in modo oggettivo, è analitico e osservatore.
Si ritrovano qui tutti gli elementi di un thriller ante litteram (siamo nei primi anni quaranta), dal ritmo incalzante, che gira sostanzialmente intorno a quello che viene definito un “oscuro terrore senza nome”. La suspense è accresciuta anche dalla peculiare struttura temporale. Gli eventi non sono narrati in sequenza perfettamente lineare. L’autore spesso li anticipa, ci torna sopra, aggiunge nuovi tasselli, propone nuove prospettive. Si delinea una spirale di mistero e terrore che sempre più avvolge il lettore nelle sue seducenti spire.
Altresì in questo romanzo ritroviamo la struttura di un autentico giallo deduttivo che contiene tutti gli elementi tipici del genere e rispetta onestamente tutte le sue regole. Il suo epilogo è davvero sbalorditivo. Il protagonista (alter ego dello scrittore), tenendo fede ai patti che ha all’inizio implicitamente stretto col lettore, alla fine ci illumina con dovizia di particolari sul retroscena di questo enigmatico incubo a occhi aperti, svelandoci una soluzione dalla struttura cristallina che continua ad abbagliare e sedurre anche dopo la lettura dell’ultima pagina.