Scienza dell’investigazione versus burocrazia: alle origini del “giallo procedurale”
La acque di una diga restituiscono il cadavere nudo di una bella ragazza. Nessun indizio sull’assassino. Né sulla stessa identità della vittima. Un’indagine che parte dunque in salita. Ma grazie a Martin Beck, sovrintendente della squadra omicidi, si concluderà con esito positivo.
Si riscontra qui un approccio più realistico e di critica sociale rispetto a quanto avviene in genere nel romanzo poliziesco. L’investigazione sul fatto criminale è importante, ma tra le righe emerge che la vera indagine è forse quella sull’intera società scandinava di quegli anni. E’ questa a essere sotto i riflettori. La troviamo seduta sul banco degli imputati insieme al colpevole una volta che sarà individuato.
La burocrazia e altri aspetti di solito poco presenti nelle pagine di un libro giallo giocano un ruolo di rilievo nelle indagini di Martin Beck. Si fa cenno a certe procedure in cui sono coinvolti altri settori della pubblica amministrazione, come ad esempio l’autorizzazione necessaria per eseguire un’autopsia. Si menziona la consultazione di registri di una compagnia di navigazione. Si dà atto di una sorta di rogatoria internazionale in merito a interrogatori di testimoni rintracciati negli USA (i cui risultati sembrano mettere in risalto gli assurdi giri del destino: non è un caso forse che il collega yankee del protagonista sia un certo tenente Kafka). Vengono descritti i rapporti con la stampa: spesso ostili e per certi versi di reciproca incomprensione.
Protagonista delle indagini è un investigatore sui generis. In lui non pare riscontrabile la geniale arguzia né l’eccentricità: marchi distintivi in genere dei detective della tradizione del giallo classico. Ma sembra altresì privo dell’impudenza, la freddezza, l’irriverenza: attributi tipici del hard boiled man d’oltreoceano.
Il nostro eroe è un uomo straordinariamente normale. Rispetto ai suoi subordinati non si profila come il fuoriclasse che da solo può decidere le sorti della partita, ma soltanto il coordinatore di un gruppo di collaboratori ognuno dei quali contribuisce al risultato finale. Non è entusiasta del sistema, ma neppure lo combatte. Ha un atteggiamento talora critico se non addirittura canzonatorio nei confronti della burocrazia, ma con essa ci sa convivere bene. E’ un uomo – come egli stesso si definisce – testardo, razionale e calmo. Non è capace di trovate geniali né di colpi di teatro. Non ne ha bisogno. Con un lavoro certosino e con quella pazienza autentica virtù dei forti, giunge a scoprire l’assassino e – cosa forse ancora più importante – il movente del gesto omicida.
Ci troviamo dunque in presenza di un thriller sottilmente psicologico, insolitamente sociologico, un giallo dai risvolti anche burocratici, che fotografa l’inchiesta dell’autorità di polizia potremmo dire “dall’interno”. Il lettore è coinvolto nell’indagine, si sente parte di questa squadra di onesti e tenaci servitori dello Stato, “insieme a loro” alla fine inchioda il colpevole, gli legge in faccia le motivazioni più recondite. Conosce il lato più grigio ma anche più umano della giustizia. E’ doppiamente gratificato. Scopre nell’epilogo la verità in merito all’enigma, dopo che è stato appagato dall’affascinante narrazione della verità di personaggi, situazioni e sentimenti.