Karma letale: Il riso abbonda sulla bocca dei morituri … ovvero ride male chi ride morendo
Si può morire ridendo, essere uccisi da una risata, utilizzare il riso come arma?
E’ quanto cerca di scoprire Vish Puri, un detective indiano dal fiuto infallibile (come quello per il buon cibo) indagando sull’uccisione di un insigne scienziato ribattezzato dai mass media l’Acchiappaguru. La vittima è un uomo che ha dedicato la vita a una crociata contro i falsi maghi, a smascherare costoro e i loro infami trucchi, a cercar di far aprire gli occhi a un popolo da troppo tempo condannato a vivere immerso in un’atmosfera satura di ingannevoli credenze e nefaste superstizioni. Si tratta di un assassinio avvenuto “in diretta” durante un incontro del Club delle Risate. Sembra poter vantare tutti gli attributi del soprannaturale, e annientare perciò allo stesso tempo l’uomo e la sua battaglia. Il nostro investigatore, al termine di una complessa indagine, riuscirà nella sua (duplice) impresa: scioglierà l’intricato rebus e forse allo stesso tempo raggiungerà anche lo scopo (per certi versi ancora più impegnativo e importante) di portare in qualche modo avanti la meritoria opera del defunto.
L’India, fotografata nella sua fauna multicolore, nel suo caldo asfissiante, nel suo traffico apocalittico, nel suo diffuso degrado e nelle sue ataviche suggestioni, si presenta al lettore come una terra di caos e fascino, analogamente se vogliamo a ogni mistero prima di essere risolto.
In questo magma in continua ebollizione, l’autore inserisce quale protagonista un detective originale e poliedrico. Si riscontra l’innato spirito deduttivo e la minuziosa analisi di ogni minimo dettaglio dei tanti celebri suoi colleghi letterari della grande tradizione del giallo classico soprattutto di matrice anglosassone (forse non sono casuali i legami presenti e passati fra il Paese e la Corona britannica). Si ravvisa un analogo approccio non solo scientifico ma anche psicologico, individuabile già in questa sorta di dichiarazione di intenti: “Le testimonianze sono sempre diverse, ispettore. Gli occhi funzionano tutti allo stesso modo, ma la mente … la mente è un’altra questione”, così come nell’abitudine di allontanarsi dalla scena del crimine “a ritroso, per vedere le cose da una prospettiva diversa”. Una particolare parentela si ravvede con Hercule Poirot e Nero Wolfe, anche per l’eccentricità, i particolari modi o impedimenti nel muoversi e nel camminare, una dose di misantropia forse, la passione per la buona tavola. E pare individuabile un punto di contatto con lo stesso James Bond (di nuovo una sfumatura britannica), visto il lavoro per così dire di intelligence: i collaboratori dell’investigatore hanno dei nomi in codice e un rilievo fondamentale nell’indagine rivestono i pedinamenti e le azioni sotto copertura.
Nell’epilogo di questa storia, densa non solo di suspense ma altresì di sottile umorismo, il nostro eroe riuscirà (come anticipavamo in apertura) a ristabilire verità e giustizia. E lo farà a beneficio di tutti quanti, razionalisti e mistici, perché (come afferma a un certo punto della narrazione un celebre illusionista) le persone “vogliono essere ingannate, ma non accettano l’idea di essere vittime di un imbroglio”.