Al Sassofono blu (di Serena Venditto)

Invito alla lettura con delitto … ovvero quando il crimine non paga ma un bel libro sì

Chi non ha mai partecipato a uno di quegli eventi denominati “invito a cena con delitto” o non ne ha mai sentito almeno parlare?

Può accadere tuttavia anche qualcosa di assai più insolito. Dopo l’omicidio fittizio, avvenuto nell’ambito di questo peculiare spettacolo teatrale allestito in un locale pubblico, può seguirne uno autentico. Ed è successo veramente … Sia pure – state tranquilli – nei rassicuranti confini della finzione letteraria.

I detective in questo romanzo sono quattro più uno. C’è anche un gatto. Si trovano di fronte a un delitto … anzi, due. Perché alla fine dell’evento, di omicidi, c’e n’è uno di troppo. Un membro di Trappola per topi (questo è l’evocativo nome della compagnia teatrale) muore per davvero, con “le labbra aperte per lo stupore di essersene andati via così, senza preavviso, con addosso i vestiti e il nome, e la voce, i gesti di un personaggio”.

I nostri eroi hanno l’occasione di indagare su un delitto perfetto e anche impossibile. Esiste il delitto perfetto? E che dire di quello impossibile? Esistono le equazioni impossibili. Ma la matematica non è un’opinione. E neppure lo è la riuscita di un libro. In questo caso, ci pare evidente che l’obiettivo è stato perfettamente centrato.

Siamo in presenza di una commedia dal meccanismo perfetto, con i giusti tempi comici, il ritmo serrato e il divertimento assicurato dalla prima all’ultima pagina. Ma l’autrice va oltre. Alterna sapientemente la serie inesauribile di gag esilaranti a momenti di lucida e coinvolgente riflessione – tramite l’io narrane Ariel – su vicende umane e sentimentali, bilanci esistenziali con i connessi consuntivi di gioie e delusioni, rimpianti e aspettative.

Allo stesso tempo, abbiamo un giallo con tutti i crismi, dove la nostra compagine multietnica, formatasi per caso e per necessità, in un classico appartamento per studenti situato in un movimentato e colorato rione partenopeo, è guidata nella ricerca della verità dall’archeologa Malù novella Sherlock Holmes. Si alternano quali dottor Watson gli altri membri del gruppo, compreso naturalmente il nostro gatto.

Oppure è proprio quest’ultimo la più autentica incarnazione del detective per antonomasia? E’ lui forse che interpreta il ruolo di inconsueto deus ex machina, quando, a un certo punto della storia, grazie al suo infallibile istinto animale, indica alla sua maniera un elemento decisivo per la soluzione dell’enigma.

Non può essere un caso che l’arguta bestiola si chiami Mycroft, come il fratello del più celebre Sherlock. Né può dirsi casuale nessun elemento dell’intreccio, nessun tassello del mosaico che il nostro poliedrico Dream Team riesce con sagacia a ricomporre interamente.

Alla fine dunque il metagiallo è brillantemente risolto: il caso di omicidio verificatosi al di qua della ribalta e prima ancora quello avvenuto sulle tavole del palcoscenico. E’ un’autentica sorpresa per il lettore conoscere l’identità dell’assassino, e forse ancora di più il movente e le modalità del crimine. E la soluzione – come nella migliore tradizione del genere – è coerente con gli indizi abilmente disseminati dall’autrice nel corso della narrazione.